lunedì 16 dicembre 2013

Libri: On Tour di Madame Ingrid - autoprodotto









Curiosando per la rete, tra negozi e librerie online, ho scoperto che Mistress Ingrid di Brescia ha scritto un libro dal titolo "On tour". Il libro è una biografia che segue l'excursus di domina di uno dei nomi noti del Bdsm nostrano tra aneddoti, esperienze di vita vissuta e riflessioni personali.
Il libro è interamente autoprodotto e acquistabile solo in formato digitale (epub o kindle) al prezzo irrisorio di € 4,99.
L'autoproduzione è croce e delizia per gli autori indipendenti e spesso scelta obbligata, visto lo stato in cui versa l'attuale editoria; di conseguenza il peso di questa scelta non di rado si fa sentire. La forma e il linguaggio il libro avrebbe bisogno di maggiori attenzioni e si sente la mancanza di un editor esperto. Non ho apprezzato molto lo stratagemma letterario usato dalla scrittrice che spesso si rivolge al lettore come se si trattasse di un dialogo con un astante.
Diversa la questione sulle esperienze professionali e di vita che si palesano quantomai variegate e interessanti. Il libro, chiamandosi appunto On Tour, narra dei svariati viaggi della dominatrice bresciana in tutto il mondo alla scoperta del bdsm. Vacanze, a volte anche lavorative, che vanno dalla giovinezza ai giorni nostri e che cercano di delineare un quadro del bdsm nel mondo, dagli anni '80 a oggi. New York e le feste fetish, Parigi, Londra e il torture garden, i Club Domina olandesi e tedeschi, le feste nostrane, la Thailandia con poco bdsm e tanta squallida prostituzione, l'Owk.
È indubbio che tale excursus sia colorato e meritevole di interesse; ed utile anche per ridimensionare certi miti del bdsm (la Germania e il solito fin troppo idealizzato Owk). A parte qualche cliché nell'atteggiamento, che ci sta anche per rimanere nel ruolo, traspare comunque una figura sicura, senza inutili eccessi, rispettosa dei sacri canoni di sicurezza del bdsm che invita a riflessioni interessanti. Dopo i primi viaggi in Olanda e Germania (posti liberi e sicuramente all'avanguardia in Europa ma anche freddi, e distaccati) è a New York con il confronto con altre domine non solo amatoriali, che Mistress Ingrid fa dei bilanci. Dopo aver fatto amicizia con una prodomme statunitense nei cui progetti futuri c'era trasformarsi "in una semplice vecchia signora, con la torta di mele sul davanzale e tanti nipotini in giardino.», Mistress Ingrid evidenzia che "per una persona come Michelle (la mistress in questione), che in fin dei conti mi aveva dato l'impressione di essere rimasta sé stessa fino in fondo, ne avevo viste moltissime altre che avevano perso la loro identità. Non credo che fosse dipeso tutto dal BDSM, però non c'era dubbio che qualcuno avesse creduto così tanto al proprio personaggio di scena da aver perso di vista la persona che c'era dietro; che qualcun altro si fosse rifugiato in un dresscode fetish proprio per dimenticarsi della propria miseria come essere umano; che altri ancora avessero dimenticato perfino il più comune rispetto che bisognerebbe sempre avere nei confronti di sé stessi e di tutto il prossimo". Un rischio davanti al quale nessuna è esclusa: "Ripensandoci oggi è incredibile quanto fossi ingenua. Non mi vergogno ad ammettere che il rapidissimo successo che avevo ottenuto sin dall’inizio come prodomme mi avesse un po’ dato alla testa: quando non passa momento senza che ci siano decine di uomini (e donne) che ti venerano come una dea, ti adulano e ti ripetono che farebbero qualsiasi cosa pur di soddisfarti è difficile tenere i piedi per terra. È un errore in cui ho visto cadere anche tutte le altre ragazze che hanno scelto questo mestiere. A un certo punto, soprattutto all’inizio della carriera, si finisce per credere un po’ troppo al proprio personaggio e ci si ritiene infallibili, o per lo meno molto più furbe di chi ci circonda". D'altronde cosa c'è di meglio di "avere anche un secondo essere umano che si riduce a svolgere i compiti più ripugnanti pur di compiacerti – semplicemente perché la tua stessa esistenza esprime un potere irresistibile su di lui".
Ma c'è altro: la consapevolezza che alcuni non vivono il bdsm con liberazione e serenità ed è giusto quindi un approccio diverso (" Fosse stato uno dei miei masochisti avrei trovato divertente infierire su una frustrazione simile, ma lui era solo un’anima in pena"); la descrizione delle emozioni di una pratica (" a quel punto ne percepisco alla perfezione ogni respiro, ogni battito del cuore, ogni piccola reazione. Da ciò che mi dicono i miei compagni di giochi la cosa è quasi reciproca, e in ogni caso io la vivo come un’esperienza che va al di là del normale incontro di dominazione e perfino al di là del sesso"); lo sgomento per il bieco sfruttamento minorile visto in Thailandia (" correre in hotel a fare la doccia più lunga della mia vita, da cui uscii con la pelle tutta arrossata per quanto mi avessi cercato di strofinarmi via i ricordi di ciò che avevo visto. Ancora adesso, scrivendo questo capitolo, ho pianto quasi quanto quella notte"); riflessioni sul bdsm e sullo status di sottomesso (" Come dice un caro amico, un sottomesso full time è tutto sommato un eroe romantico, che ricerca le sofferenze e le umiliazioni più estreme per compiacere tanto sé stesso quanto la sua Padrona; Tutto ciò è meraviglioso finché viene osservato con gli occhi di chi condivide l’amore per queste cose, ma basta togliere il contesto per rendere quella stessa persona – come tutti gli eroi - solo un povero idiota, un pazzo da curare").
E poi il mito Owk, ridimensionato assai ma con equilibrio, evidenziando il lati positivi ma soprattutto quelli negativi. Innanzitutto le carceriere non sembrano essere molto rispettose della sicurezza delle pratiche (" Non era la prima volta che vedessi un massacro simile, ma davanti a quel corpo abbandonato e tremante provai più pena che altro, e decisi che non avrei mai messo in pericolo la salute del mio amico marchiandolo e lasciandolo nelle mani di quelle esagitate") e questo perchè "quasi tutte quelle bellissime ragazze erano infatti semplici studentesse la cui motivazione per trovarsi all’OWK consisteva nel fatto che fosse un modo poco faticoso per guadagnare ben più che con un lavoro normale, e senza nemmeno doversi troppo spogliare o fare sesso con sconosciuti. Ciò significava però che non avessero nemmeno la minima idea del perché tutti quegli uomini accettassero i loro maltrattamenti. Il lato positivo, se vogliamo così chiamarlo, era che in compenso il disprezzo altero che mostravano per gli schiavi non fosse affatto simulato – e paradossalmente ciò faceva loro perdonare molti eccessi da parte dei sottomessi".
E ancora circa la trasparenza di questo "paradiso" del bdsm: "semplicemente, i clienti sottomessi che giungevano da soli alla Città Nera, senza la protezione di una Padrona che si prendesse cura di loro, dovevano lasciare una caparra che comprendeva l’intero periodo e le pratiche concordate. Se per qualsiasi motivo decidevano di abbandonare il gioco prima della sua conclusione, quei soldi rimanevano comunque nelle casse dell’OWK. E che facevano quindi le nostre ragazze? Logico: infierivano fin dal primo istante sui clienti con una violenza inaudita, “convincendoli” a scappare – tanto l’incasso era assicurato lo stesso, e con molto meno impegno!". Tutto il mondo è paese insomma, altro che le sole ragazzette di facebook. La corruzione del denaro ha dunque portato al declino la città nera in quanto "tutte le persone coinvolte condividano almeno a grandi linee la stessa visione, è chiaro. E purtroppo nel caso dell’Other World Kingdom col tempo è stato proprio questo a mancare".... " la passione dei fondatori si è in qualche modo esaurita.... L’unica cosa sicura è che a un certo punto l’entusiasmo, la convinzione nella loro visione di un mondo dominato in tutti i sensi dalle donne, è stata un po’ alla volta sostituita da compromessi commerciali: il sogno si è trasformato in lavoro (ingrato, senza dubbio) e la fatica ha preso il sopravvento" e dunque "la tenuta in Cechia è rimasta attiva solo come set per i video che hanno continuato a vedere piuttosto bene – almeno finché quasi tutti gli acquirenti hanno capito di stare guardando solo una pantomima".
On tour si palesa dunque una piacevole lettura, destinata ad essere consumata in poco tempo, un modo per conoscere alcuni retroscena del mondo bdsm e il punto di vista di una dominatrice di esperienza. Inoltre il prezzo proposto lo fa diventare certamente un must per gli appassionati del bdsm.

lunedì 25 novembre 2013

Bdsm totalizzante e spersonalizzante: SSC, Rack o pericolosa deriva?


Nel mio girovagare per il web, ho visitato tanti, tantissimi siti bdsm, forum e anche siti e blog di svariate Mistress.
Mi ha incuriosito una cosa: spesso ho trovato una frase ricorrente specie nei blog di alcune Mistress o nelle sezioni moneyslavery di alcune Mistress. Una cosa che veste il bdsm di un concetto davvero totalizzante e molto forte. In parole povere chi intraprende una certa strada deve porre la padrona prima di ogni cosa al mondo.
Si legge sul sito di una mistress nella sezione dedicata alle candidature: “Io, la tua Dea, verrò prima di tutto e tutti, senza eccezione alcuna”. Questo è un leit motiv che si ripete spesso nei siti visitati. D'altronde lo conferma anche uno schiavo di una nota mistress nel suo blog: “ l'ho espressamente detto anche alla mia padrona, viene prima di tutto e di tutti”. Volendo alzare il tiro, il concetto viene esplicato in maniera meno generale altrove, dove tra le regole di una dominante si legge: “OGNI PERSONA PRESENTE NELLA VS VITA , COMPAGNA, AMICO, FAMIGLIA ,GENITORI, ECC...NON AVRANNO IMPORTANZA COMPARATA AD UN MIO ORDINE O DESIDERIO. SE NON RIUSCIRETE AD ESAUDIRE I MIEI ORDINI E RISPETTARE LE MIE REGOLE SARETE RIGETTATI”.
Lo stesso concetto lo si può riscontrare anche nella concezione di dominazione di mistress estere; una moneymistress, modella, prodomme americana argomenta: “Alway put Princess first! Yes, I'm sure you love your mom and maybe you are married with kids....blah, blah, blah. If you adore the Princess, and we both know you do, then you will make any sacrifice necessary to make her happy”.
Mi sono sempre chiesto se questi proclami siano chiacchiere da chi vive di fantasie, se sono atteggiamenti espressi per mantenere un personaggio e attrarre verso sé il sottomesso di turno traendone così un qualche beneficio monetario o materiale. Ma ammettiamo che ci sia davvero della consapevolezza dietro a queste parole e ammettiamo che qualcuno che legge sia davvero pronto ad aderire a un programma così drastico. Può davvero il bdsm assumere dei connotati talmente invasivi da far si che si rinneghi tutto per la figura dominante?
Ho sempre creduto nella regola del SSC. Ma tale scelta è SSC? E quand'anche fosse Rack può spingersi verso un limite così estremo, dato che comunque io non penso al Rack come una sorta di libertinaggio? Analizzando meglio:
- Sano: non credo che per sanità si intenda solo l'integrità fisica. Guardiamo alla sanità come concetto che investe tutti gli aspetti dell'uomo (salute, psiche, vita sociale). E' sano ritenere inferiori (perchè alla fine di questo si tratta) persino gli affetti più cari di fronte alla padrona? E' sano annullare la propria vita sociale?
- Sicuro: per sicurezza non penso solo alle pratiche eseguite con tutte le precauzioni del caso di modo che non ledano l'integrità fisica di una persona. E quella morale? Quanto è sicuro, per il presente e anche per il futuro di un individuo, piegarsi in maniera così totale e spersonalizzante?
- Consensuale: E' vero chi accetta di divenire schiavo lo fa per una sua libera scelta. Ma ci si può nascondere sempre dietro il consenso del singolo? Non credo. La legge per esempio non ammette il consenso sempre e comunque. Una scelta del genere è figlia di un consenso libero? Arrivando a tanto siamo sicuri che non si possa essere di fronte a una sorta di accettazione sfrenata dovuta a una dipendenza smodata nei confronti di un istinto e di una persona che lo incarna?
Ho sempre pensato al bdsm come un gioco tra le parti. Un gioco con delle regole, e che ha una “messa in scena” molto seria, i ruoli possono essere temporanei ma il dolore e le umiliazioni sono reali. Anche quando si investe in un rapporto D/s vi sono delle regole di modo che non si trascenda in maniera pericolosa. Tra l'altro a leggere e sentire le testimonianze di chi un D/s l'ha vissuto o lo vive (non posso dire la mia in quanto i rapporti D/s non mi hanno mai interessato), nemmeno questo rapporto pare freddo, distaccato, senza sentimento alcuno.
Lungi da me fare moralismi sulle scelte individuali, ma credo che una pantomima come quella da me riscontrata in tali proclami, possa avere un senso se vissuta come gioco di ruolo, in una sessione, quindi per un tempo circoscritto, per mettere del sale alla sottomissione ed amplificare l'eccitazione.
Ma come stile di vita mi lascia perplesso in quanto credo che il bdsm così vissuto implichi una perdita di contatto con la realtà, trasformandosi in una gabbia che esclude completamente il mondo esterno e le innumerevoli prospettive che può offrire.

venerdì 22 novembre 2013

La Pianista di Michael Haneke




PRODUZIONE: Francia
2001
GENERE: Drammatico
DURATA: 130'
INTERPRETI: Isabelle Huppert, Benoit Magimel, Annie Girardot, Anna Sigalevitch, Udo Samel, Susanne Lotar, Cornelia Kondgen
SCENEGGIATURA e REGIA: Michael Haneke
TRATTO dal romanzo di Elfriede Jelinek
FOTOGRAFIA: Christian Berger
MONTAGGIO: Monika Willi
SCENOGRAFIA: Christoph Kanter
COSTUMI: Annette Beaufays

I film che hanno come tema il bdsm o in cui sono inserite tematiche bdsm mi creano sempre un senso di diffidenza in quanto spesso si riducono al racconto di figure comuni e stereotipate. Non è questo il caso de La Pianista. Cercare di spiegare La Pianista di Michael Haneke non è cosa semplice perchè è un film che si sviluppa su vari piani e che scava nella profondità dell'animo umano e del suo malessere. E' un film che non può essere visto superficialmente ma richiede grande attenzione per poter cogliere le sfumature complesse che animano l'intimo della protagonista e che altrimenti verrebbero falsate da un giudizio che verterebbe solo sull'aspetto narrativo della vicenda. La Pianista non è una storia d'amore (o perlomeno non solo, dato che forse l'amore in realtà è il grande assente della pellicola) nè è un film sul bdsm. Ma è un film sulla sofferenza umana che utilizza il bdsm per descriverla. La protagonista Erika, Isabelle Huppert (musa ispiratrice di Haneke), è una talentuosa insegnante di piano sulla quarantina che vive con una madre possessiva e invadente che le condiziona la vita (le chiede conto delle sue uscite, le telefona durante le lezioni). Erika è una donna frustrata, algida che ha represso le sue emozioni e che allontana da sè qualsiasi forma di rapporto umano. Erika ha un segreto: la sua vita sessuale mai realizzata, la porta a vivere un claderone di fantasie confuse e "perverse" in maniera morbosa. Si chiude nei peep show masturbandosi annusando i fazzoletti sporchi di sperma abbandonati, si improvvisa voyeur nei dirve-in eccitandosi alla vista degli amanti. Tutte queste fantasie si affollano nella sua testa cercando una valvola di sfogo che col tempo ha imparato a individuare: Erika è una sottomessa. Segretamente nella sua stanza cela sotto il letto una cassetta piena di strumenti che, presumibilmente utilizza per i suoi giochi erotici solitari: catene, corde, guinzagli. Il suo probabile fallimento come concertista la porta a sfogare con i suoi alunni la sua insoddisfazione, attraverso mortificazioni e umiliazioni che sminuiscono il loro lavoro. Erika, probabilmente per liberarsi, almeno in quegli spazi in cui è lei che comanda, dell'oppressione della madre a cui sostanzialmente è sottomessa, sfoga il suo sadismo con chi le è sottoposto. Ma è una reazione di riflesso, non è quello che cerca. Erika ama essere umiliata. Lo dimostra persino verso la madre, verso la quale nutre un sentimento morboso, quando una sera le dice, commossa e in un impeto di eccitazione "Mamma ti voglio bene" dopo che la stessa l'aveva mortificata verbalmente. La pianista un giorno conosce un giovane ragazzo, anch'egli pianista per diletto ma con un talento innato. Talento che Erika riconosce ma fatica ad ammettere. Il ragazzo la sedurrà dal primo momento, un colpo di fulmine che lo porta a desiderare da lei una storia d'amore passionale e romantica. Dopo i primi timidi tentativi di Erika di allontanarlo e di trattarlo alla stregua dei suoi alunni la stessa cede perchè vede in lui la figura idealizzata del dominante. Erika non avendo il coraggio di parlargliene, gli scrive una lettera nella quale si mette a nudo, ma in maniera fredda e chirurgica indicandogli asetticamente una lista di pratiche estreme che vorrebbe subire da lui, promettendogli sottomissione e fedlatà incondizionata. Alla lettura, il giovane si dimostra disgustato, le dà della malata, ciò che prima era per lui amore si tramuta in disprezzo. I due si inseguiranno nella speranza di realizzare un rapporto che non potrà vedere la luce per le divergenze profonde dei due.
Forse l'unico sprazzo di amore presente nel film è quello del ragazzo. Quello di Erika è solo un'illusione, un'idealizzazione delle sue fantasie represse, l'autoconvincimento che quella persona le darà ciò che vuole, un attaccamento morboso. Dal suo canto il ragazzo ha una formazione borghese e una concezione del sesso allineata al sentire comune; per lui il feticismo, le percosse, le corde sono solo un depravazione di una mente malata, da respingere con disgusto.
Haneke è un maestro nel raccontare senza giudicare, nel delineare dei complessi profili caratteriali e psicologici in maniera asciutta senza scadere in patetici romanticismi, moralismi e senza prendere parte a una tesi piuttosto che all'altra. Sì La Pianista è un film sulla sofferenza, sulla follia maniacale scaturita dalla repressione dei propri sensi; sul marcio che nasconde la società borghese e il marcio non è il sadomaso ma bensì la morale che ha soffocato e reso invivibile un modo di amare. E' un film in cui i personaggi che si muovono sono vittime e carnefici al contempo, in cui vi è la sconfitta di ogni rapporto umano. E in tutto questo giganteggia la Huppert che traduce nei suoi sguardi freddi ma pieni di rimpianto tutto il peso che si porta dentro.

martedì 19 novembre 2013

Il web e il declino del Bdsm?


Internet ha rappresentato sicuramente una grande innovazione negli ultimi anni entrando nelle case di tutti come una vera e propria rivoluzione nella vita del singolo. Grazie a internet si è imposto un cambiamento radicale nel mondo lavorativo, ludico, delle informazioni, promozionale e della comunicazione in generale. E' indubbiamente stato un grande aiuto, semplificando la vita di molti e avvicinando le persone. Grazie a internet c'è stato un accesso globale a diverse informazioni, prima appannaggio solo di addetti a specifici settori, e negli stessi settori ha rappresentato uno sdoganamento; chiunque può avere chiarimenti e un'informazione adeguata in ogni campo. Pensiamo per esempio al mondo dell'arte dove un neofita si può avvicinare, apprendendo nozioni base e trucchi dl mestiere seguendo un forum o un tutorial su youtube. Ma tutto questo grande accesso ad informazioni e altro, in un luogo virtuale dove la proprietà privata ed intellettuale non esiste praticamente più costituisce un'arma a doppio taglio. Sembra paradossale ma l'accesso indiscriminato a determinate aree può essere anche deteriore. Per fare un esempio, oggi con internet chiunque può entrare in possesso di programmi per l'home recording (siano essi open e free che craccati), gestendo così una serie di programmi professionali a costo zero che lo mettono in condizione di fare musica da casa. Stupendo si potrebbe dire, un mondo democratico in cui ciò che prima era appannaggio di pochi facoltosi diventa alla portata di tutti. Ma tutto questo ha davvero migliorato il mondo della musica? Non direi. Se prima fare musica era sinonimo di dedizione (gente che lavorara esclusivamente per acquistare un pedale per la chitarra e inseguire il sogno di essere musicista), di sacrifici, spese, oggi chiunque può scaricare una efficacissima pedaliera virtuale. Con la conseguenza che se prima il fare musica era figlia di una "missione" e le etichette investivano più sulla qualità, oggi chiunque può fare musica dalla sua cameretta, magari solo per noia o per provare, con il risultato che le uscite mensili sono decuplicate a discapito della qualità, e oltre le etichette, anche piccole, che investono e vivono anch'esse di sacrifici per dare alla luce un progetto, proliferano netlabel che offrono prodotti gratuiti o a prezzi irrisori dove spesso la qualità lascia a desiderare (ho scaricato l'album di un sedicente pianista giapponese che aveva un tocco imbarazzante e non possedeva alcuna cognizione del concetto di tempo per dirne una).
Anche nel campo dell'informazione bisogna stare in guardia: numerosi sono i blog di controinformazione che però lasciano il tempo che trovano. Così, sempre per fare un esempio, se da un lato è facile trovare un sito di medicina autorevole dove scrivono professori e primari da tutta italia che offrono consulenze con pareri veritieri, dall'altro troviamo siti e blog di pura ciarlataneria che diffondo informazioni errate o pericolose fantasie (la possibilità di curare il cancro col bicarbonato, la negazione dell'esistenza del virus dell'aids).
Cosa c'entra il bdsm con tutto questo? C'entra perchè il bdsm come disciplina ludica o seria che sia, ovviamente ha trovato spazio nella rete. E questo non solo attraverso forum, siti e social network a tema ma anche attraverso i canali più canonici. Per farla breve oggi, una qualsiasi ragazza può autonominarsi mistress e dominante per natura e aprire un profilo Facebook o un blog personale. Fin qui nulla di male. Ma la questione è su l'uso che si fa di questi canali. Tralasciando i profili delle Mistress note ed affermate, che usano Facebook solo come ulteriore vetrina e un modo per creare un punto di contatto con i propri fan (e infatti qui si vedono commenti molto colloquiali e gentili), sposterei l'attenzione sulle mistress fai-da-te.
Innanzitutto la cosa che colpisce per prima è che i profili Facebook di queste ragazze sono per lo più usati per esercitare la dominazione solo attraverso la moneyslavery. Per la stragrande maggioranza l'appellativo usato è Dea. Poche usano nick alternativi come Regina o Domina. Nessuna Mistress (tranne le Mistress così come siamo abituati a vederle). Vi risparmio il copia incolla degli status imperanti, tanto sono tutti uguali, variando dai soliti epiteti come "vermi, cani, coglioni" per poi richiedere la solita ricarica wind, tim, vodafone a seconda del gestore. E' consuetudine leggere quindi status fotocopia "coglioni chi mi fa una ricarica tim?" in una sorta di gara all'accattonaggio. Consuete sono le richieste di bonifici paypal. Le più ardite offrono umiliazioni in cam o vendita di calze e intimo usato. Ho potuto leggere tra i commenti anche uno status in cui la signora in questione chiedeva da ogni contatto €. 50 a fine mese pena l'eliminazione L'impressione che ho avuto è che si guarda a Facebook come una sorta di business per avere soldi facili dove basta mettere la foto di un piede, buttare un insulto e si è ricoperte d'oro. Ma lo si è davvero? A ben guardare i commenti non direi. E' sovente che le stesse si lamentino della poca serietà dei propri contatti che parlano, parlano ma non agiscono mai. "Facebook è uno schifo, gli schiavi seri sono pochi" o ancora "Tutti dicono di essere veri schiavi ma pochi lo sono. Chi non sa viziarmi verrà cancellato"; "Non siete veri schiavi". Il metro di giudizio per testare la veridicità di uno schiavo è quindi il denaro. Chi non paga non può ambire a tale titolo. Che su facebook ci sia una torma di segaioli che sbava dietro foto di piedi e insulti gratuiti e plaude alla dea di turno con commenti tipo "la dea ha sempre ragione. siamo dei coglioni!" è indubbio; che ci sia anche chi gioca a fare il segaiolo prendendo per il culo le dee è altrettanto indubbio. D'altronde chi semina raccoglie.
A volte però tali atteggiamenti sopra le righe si possono riscontare anche in mistress che fanno sessioni e sono abbastanza conosciute (più raramente ma capita).
Visionando i blog le cose non cambiano di molto. La moneyslavery la fa da padrona, ma cosa più curiosa si possono leggere amenità ancora più estreme se vogliamo, con una serie di raccontini e offerte che entrano in maniera prorompente nell'ambito del diritto penale con una disinvoltura quasi disarmante. Una mistress che dice di essere proprietaria di uno schiavo trav che cede a chiunque ne voglia fare uso (anche wc completo) dietro ovviamente compenso che intasca lei. Contattarla sulla sua mail o sul suo cellulare (visibile). O un'altra ancora che (come al solito) non è una money mistress convenzionale, che rapisce le coscienze e con possiamo fare a meno di lei e altre amenità, che si arroga il diritto di ricattare uno schiavo in vista e indietro con i pagamenti, con telefonate alla moglie dello stesso. Quantomeno agghiacciante.
Ora questo è il quadro, desolante a mio avviso, di quello che è parte, ovviamente, del bdsm "sdoganato" in rete. Qualcuno di voi mi potrà dire che questo non è il "vero" bdsm (come se ce ne fosse uno), che queste sono solo ochette in cerca di soldi facili non rappresentative di un'intera comunità (e ci mancherebbe). Ma di fatto ci sono e operano. E magari qualcuna sessiona anche (con tutti i rischi annessi per esempio alla mancanza di igiene dell'attrezzatura, o in una pratica come il trampling eseguita senza alcuna conginizione di causa), partecipa anche a feste a eventi, facendosi conoscere, pensando forse di acquistare in tal modo notorietà e di farsi un nome. E di fatto non si può nascondere che anche questa è una fetta di bdsm che volenti o nolenti è diventata una realtà.
Per fare un esempio culinario, ormai in Italia vi sono migliaia di ristoranti cinesi dal menù a 15€ che propongono le solite portate che sanno tutte di soia fritta. Qualcuno potrebbe obiettare che la vera cucina cinese è altra e che è tutto un altro pianeta. Ma di fatto questi ristoranti sono ovunque e per molti rappresentano la cucina cinese.
Con questo non voglio dire che esiste un bdsm autentico e uno meno veritiero ed è chiaro che alla fine dei conti ognuno lo vive un po' come crede e che alla fine conta ciò che ognuno fa nella propria intimità. Non voglio fare moralismi di sorta ma in ogni caso questa riflessione personale nasce dal fatto che il web ha in qualche modo "distorto" lo spirito del bdsm. E che se per alcuni può essere una nuova frontiera o un nuovo modo di vivere il bdsm, a me sembra un po' un'involuzione che in alcuni casi può portare a pericolose derive (sopra descritte).

venerdì 15 novembre 2013

Blackmail


Cos'è il blackmail? Letteralmente blackmail vuol dire ricatto. La pratica ha una forte presenza negli Usa dove vanta diversi estimatori/trici e pian piano si è diffusa (almeno sulla carta) in altri paesi. Anche in italia iniziano a spuntare siti dove Mistress (e a volte pseudo tali) affermano di praticarlo. In buona sostanza il blackmail consiste in un accordo consensuale (!) tra la dominante e il sottomesso con il quale quest'ultimo fornisce all'aguzzina una serie di dati sensibili (numero di telefono della moglie, del posto di lavoro, dati account, coordinate bancarie ma anche foto ben visibili del sottomesso in pose compromettenti) e si sottopone a un vero e proprio gioco al ricatto sempre sul filo del rasoio in cui giocano molto l'eccitazione della paura, il sapersi completamente alla mercè di una persona e il cedimento alle richieste di questa (per lo più di natura economica). Come ho scritto il blackmail, pur non essendo pratica fisica ma prettamente mentale si rivela alquanto estrema. Ma fino a quando un gioco che si dice essere consensuale, rimane tale senza provocare conseguenze devastanti nella vita di chi si sottopone? Quali sono i limiti, contorni e sfumature di questa pratica?
E' chiaro che la messa in atto di tale pratica presenta elementi caratterizzanti del brainfucking (tema già trattato qui : http://lettersfromsubspace.blogspot.it/2013/11/brainfucking.html)
Nel libro "Teoria della dominazione finanziaria" (di Franco Angeli, Hoepli e disponibile per la visione su google libri), l'autore ravvisa una figura ulteriore e mitigata che si dovrebbe mantenere in una dimensione ludica e che si contrappone alla drammaticità del Blackmail. La figura in questione è il Greymail. La base di partenza è pressocchè identica con l'unica differenza che il Greymail rappresenta un gioco che non sfocerà (almeno nelle intenzioni iniziali) in un danno effettivo per il ricattato. Ovvero detto in soldoni, un ricatto con la consapevolezza che questo è solo un gioco di ruolo e non ci sarà alla fine nessun danno (sputtanamento detto in soldoni) nonostante le minacce (che sarebbero quindi simulate). O comunque le conseguenze sarebbero infinitesimali o ben circoscritte. Fa notare l'autore però, ed è la stessa domanda che mi sono posto anch'io, se le basi di partenza e il modus operandi sono pressocchè analoghe, in ogni caso come si può evitare che il rapporto, sebbene consensuale e simulato, non degeneri dispiegando i suoi effetti dirompenti? E' chiaro che in un “gioco” talmente forte la rovina ma anche la deriva patologica è dietro l'angolo.
A questo punto è chiara la differenza tra il blackmail e la semplice dominazione finanziaria, quest'ultima caratterizzata da un semplice dare, soddisfare i vizi del dominante e provare eccitazione in questo, senza pertendere alcuna contropartita. Giuridicamente parlando la moneyslavery di per sè non costituisce reato almeno di base ma ben può dispiegare derive giuridiche. Non ha gli elementi caratterizzanti dell'estorsione nè della truffa (non vi sono gli artifizi e raggiri richiesti dalla legge ma mi pare invece richiesta limpida ed esplicita.). Ma in alcuni casi si potrebbe ravvisare la circonvenzione di incapace, quando questa viene esercitata su persona malata nella psiche (malattia anche parziale) o quando il sottomesso si trovi in una condizione di sudditanza psicologica e debolezza psichica tale da far scemare grandemente la sua capacità di intendere e di volere in quel dato momento. Potrebbero in alcuni casi ravvisarsi anche conseguenze in campo civilistico, per esempio in un rapporto di coppia, come una separazione giudiziale, in base all'art. 151 c.c. quando vi siano fatti gravi che inficino la regolare prosecuzione del matrimonio, con addirittura l'eventualità di un addebito di separazione, in base all'art. 143 c.c. se tale dominazione dovesse integrare la violazione dei doveri matrimoniali quali l'assistenza morale e materiale. In realtà tali eventualità possono essere ascritte anche alla blackmail.
La blackmail, almeno in Italia, costituirebbe reato anche quando i limiti del gioco non vengono superati. Il momento consumativo dell'estorsione si ravvisa nel momento in cui a seguito delle minacce si verifica un danno ingiusto della persona offesa con conseguente profitto del reo. Se le minacce non riescono a far conseguire all'estorsore il danno ingiusto ed il relativo profitto si avrà invece il solo tentativo di minaccia. In entrambi casi saremmo comunque in presenza di un reato.
In Italia il ricatto consensuale non esiste. Non è disciplinato dalla legge, è fuor di logica e pare che non esista, ovviamente una casistica in merito. In ogni caso reputo che mai, tenendo conto dei principi generali del diritto, l'estorsione potrebbe essere scriminata dall'art. 50 del codice penale. L'art. 50 cp disciplina il consenso dell'avente diritto e recita: "Non e’ punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che puo’ validamente disporne". Il fulcro della questione ruota tutto intorno a quel "che può validamente disporne". Il ricatto per quanto consensuale, consistendo in una sequela continua di minacce volte a rovinare pubblicamente la persona (per lo più) in cambio di denaro, va a minare e ledere la libertà dell'individuo nella sua integrità. Libertà di scelta, di movimento, di disporre liberamente delle sue risorse perchè sempre sotto la prospettazione di un danno ingiusto. Quindi va a investire la libertà nella sua interezza colpendone vari aspetti. Essendo la libertà un diritto indisponibile, il consenso della persona offesa non può trovare applicazione, e così non trova applicabilità la scriminante dell'art.50. Ecco perchè secondo me, almeno giuridicamente, la pratica del blackmail in Italia è irrealizzabile senza incorrere in sanzioni.











giovedì 14 novembre 2013

Spiritualità e Bdsm


"Senza nutrimento e senza vestiti, il corpo smagrisce e diventa debole. Senza erotismo, la mente è agitata e insoddisfatta. Senza virtù, la coscienza si travia. Senza spiritualità l'anima si degrada". Questo diceva un motto zen trovato girovagando per la rete. Le connessioni tra spiritualità ed erotismo sono molteplici e investono svariate filosofie di pensiero che vanno dall'Oriente all'Occidente. Dalla pratica del kinbaku in Giappone, alle filosofie religiose hindu che guardano alla castità e al piacere come esperienza mistica (in un certo modo riprese nel bdsm proprio nella pratica della castità); o sempre, nella religione hindu, il Kama, il piacere che attraverso l'unione tra uomo e donna ricrea l'unità divina; ma anche in Occidente attraverso commistioni tra eros, esoterismo e misticismo.
Il campo che ci riguarda è invero assai ampio, ricco di sfaccettature e modi di vivere diversissimi tra loro, alcuni che viaggiano su binari distinti e paralleli e altri che si incontrano. Il bdsm è grande libertà e ognuno vive questa esperienza come meglio crede, da feticista, masochista, sottomesso; a volte con pratiche cristallizzate e ripetute, altre come percorso evolutivo della propria sessualità. Di base però noto che ognuno di noi cerca, in ogni caso, nel dominante, una figura capace di interpretare il proprio essere, con la quale entrare in sintonia e che sia in grado di donare quell'umiliazione ricercata che in qualche modo annulli e faccia astrarre dalla realtà.
Nel secondo caso quindi, ovvero coloro che cercano un percorso all'interno del bdsm, credo che si possa fare un parallelismo tra bdsm e spiritualità.
Da che mondo è mondo la spiritualità viene vissuta (semplificando) come una ricerca interiore che riesca ad elevare il nostro spirito. Ma come tutto questo può coniugarsi col bdsm?
Un'esperienza bdsm molto intensa va a toccare svariati aspetti della propria interiorità. Aspetti spesso non conosciuti a priori che si scoprono man mano e che portano al superamento di alcune soglie di limite facendone affiorare altri. Una volta mi è stato detto che io sono un viaggio. Che fare sessione con me è come un viaggio ignoto in cui si conosce la partenza ma non l'arrivo. Questa frase mi ha fatto molto riflettere, mi ha dato una visione su me stesso che prima non avevo o meglio che vivevo senza averne contezza. Questo viaggio ha rappresentato non tanto un provare curioso di nuove pratiche e non solo un superamento di diversi limiti ma anche una ricerca interiore. La ricerca del nuovo, dell'inesplorato, il superamento fisico e mentale di alcune barriere, porta inevitabilmente a una conoscenza più approfondita del proprio corpo e della propria anima. Le sollecitazioni al dolore, la gestione dello stesso, le interazioni con alcune parti del corpo, fanno scoprire come il corpo reagisce a qualcosa di nuovo, la sua resistenza e la sua risposta agli stimoli. Impariamo quindi a conoscere meglio il nostro fisico. Ma anche a livello mentale vi sono innumerevoli reazioni: ripensamenti, disagi, piacere, estasi, spiazzamento ma voglia di riprovare, sfiducia, paura e poi di nuovo determinazione. Questa costellazione di sentimenti presenta molti punti in comune con ciò che è un percorso spirituale che tende all'elevazione del proprio essere, fatto di cadute, a volte di rinunce ma anche di risalite e appagamento.
Il dolore fisico è di primo acchitto uno dei primi veicoli che ci dà indicazioni proprio per l'immediatezza con la quale il corpo reagisce al dolore. Sul piano prettamente fisico si attua il primo approccio verso una “spiritualità bdsm”. Il dolore provocato da un frustata non è il semplice “picchiami, picchiami più forte” tipico degli stereotipi o dell'immaginario che vediamo per esempio in alcune commedie. Attraverso il dolore si vivono svariate emozioni che implicano la scoperta di sé, la consapevolezza delle proprie possibilità, il voler superarsi ma anche la dedizione verso il dominante e la sopportazione per lui/lei. Il dolore è un'unione, il primo legame tra il sottomesso e il dominante, ma non solo. A livello puramente personale spesso il dolore è una catarsi, un'espulsione di energie negative, una sublimazione delle proprie sensazioni, forza interiore e anche meditazione o “purificazione”.
Ovviamente tutto ciò spesso si implementa con il piano mentale, che in un rapporto bdsm reputo molto importante. L'adorazione che si crea tra lo schiavo/a e la Padrona/e, la visione della stessa come “sacra”, implica un annullamento e un abbandono che fanno trascendere dalla realtà per portare verso un'estasi dei sensi.
Si è parlato spesso del rilascio di endorfine come conseguenza di tutto questo e di come la chimica del nostro corpo possa farci raggiungere stati di alterazione psichica come il Subspace. Fakir Musafar (fachiro e santone dei Modern Primitives, esploratore e teorizzatore dell'estasi attraverso il dolore) definiva il Subspace come un'esperienza vicina a quelle mistico-sciamaniche.
Ed effettivamente qualcosa di mistico c'è in tutto questo: l'annullamento e l'abbandono del proprio io, l'elevazione del proprio spirito rispetto al proprio fisico, l'isolamento temporaneo dalla realtà, l'estasi dei sensi fino al raggiungimento di uno stato di benessere.
Ma a voler andar oltre, tutti questi elementi presentano punti di contatto con la religiosità. Lungi da me voler far un parallelismo tra religione cristiana e bdsm ma ben riflettendo similitudini nell'attitudine, pur con motivazioni diverse di fondo, si possono evidenziare. Si pensi infatti al martirio, alle pene e alle torture subite da Santi e Beati in difesa del credo evangelico e quindi del loro Signore. Ma senza scomodare i Santi, si pensi ai semplici devoti che offrono le loro sofferenze a Dio o che per lui provano penitenze. Concettualmente la base di partenza è di gran lunga diversa, ma se si riflette, anche nel bdsm le proprie sofferenze e il superamento dei limiti sono offerti per devozione verso la propria Padrona/e.
In effetti se si vanno ad analizzare alcuni rapporti D/s estremi o totalizzanti (ma direi anche alcune sessioni singole, però molto intense) contengono alcuni elementi tipici della religiosità (ed anche della relgione): l'adorazione totale del dominante alla stregua di un dio, la dedizione alle sue regole, il donarsi completamente, l'umiltà, il castigo e l'assoluzione, il piacere ma anche il sacrificio, la supplica e la preghiera. Non a caso alcuni rapporti bdsm sono pregni di una certa ritualistica che richiama quella prettamente religiosa (non da ultima la comunità Goreana). Ed è vero anche che molte sollecitazioni sono stimolate non solo dalla ritualistica ma anche da determinati ambienti ed atmosfere; si pensi a un luogo adatto per struttura e disposizione o a un sottofondo musicale estraniante e meditativo. Sono elementi, credo, che possono favorire un'amplificazione delle emozioni e delle sensazioni.

Brainfucking


Definire in maniera esaustiva e corretta il Brainfucking (conosciuto anche come Mindfucking ed Headplay) è veramente un'impresa. Poca la “letteratura” a riguardo e spesso anche farraginosa. Molto spesso contraddittoria e comprensiva di un novero di pratiche legate all'umiliazione in ambito psicologico. Innanzitutto è bene precisare che il mindfucking è pratica usuale nella vita di tutti i giorni e in qualsiasi ambiente: lavorativo, spirituale, politico, pubblicitario e anche sessuale. Sull'argomento ultimamente in Italia è stato scritto un libro “Mindfucing – come fottere la mente” di Stefano Re.
In ambito bdsm il brainfucking è quell'insieme di pratiche che agiscono a livello psicologico, intervenendo sui punti deboli del sottomesso e operando così una vera e propria manipolazione atta a distruggere le difese dello stesso ed ottenere la resa mentale.
Mi sembra chiaro che una pratica del genere, per bene inquadrarla, necessiti di un percorso continuativo tra sub e Dom perchè non può esaurirsi e non potrebbe dispiegare al meglio i suoi effetti, in una sessione una tantum, specie se questa è scevra da un rapporto di sottomissione costante.
Lo scopo dunque, del Dom è quello di entrare nella testa del sub, e agire su quelli che sono i suoi punti deboli, paure o altri elementi di stimolo, al fine di far venir meno le difese erette dalla razionalità e le resistenze, attuando pian piano una manipolazione mentale che diventa sempre più invasiva, man mano che la mente cede, con il fine ultimo di assoggettare totalmente il sub a sé e stimolare ed intensificare la sua risposta erotica.
Le tecniche per addivenire a questo sono molteplici e, pur sempre agendo sulla psicologia del soggetto sottomesso, variano da persona a persona in relazione alla sua natura ed alla reazione agli stimoli. Si passa dall'abuso verbale o alla creazione di scenari appositi per estraniare e destabilizzare lo slave, si può agire su fattori come ansia, paura, attesa, incertezza di cosa accadrà. Per esempio il Dom può privare i sensi del sub (tramite bendaggio, tappi) e lasciarlo in attesa ma nella consapevolezza che qualcosa prima o poi e non saprà quando, accadrà, ingenerando in lui uno stato di pressione psicologica che porta all'asservimento.
Ma ancora Ayzad teorizza questa definizione: “Denominazione generale delle pratiche di dominazione psicologica basate sullo spiazzamento del sub con discorsi e comportamenti inaspettati.”. Si parte sempre dalla medesima base, ovvero far leva su una debolezza o una paura dello slave e approfittarne di questa per impartire un ordine inaspettato e spiazzante. Il risultato potrebbe essere una risposta a livello erotico allo stimolo ma potrebbe essere anche un senso di smarrimento o di ribellione nel sottomesso. L'inghippo però c'è, facendo leva appunto su un punto debole, magari un qualcosa di irrinunciabile per lo slave, il Dom sa che probabilmente dopo la ribellione e lo smarrimento iniziale, il sottomesso può cedere e quindi arrendersi all'ordine, proprio perchè magari quella sollecitazione sessuale e quella eccitazione sono per lui irrinunciabili.
A volte si può partire per esempio da un semplice abuso verbale che va a toccare alcune corde del sottomesso che risponderà con una sovra-eccitazione; da qui il battere del Dom su quel punto, e con un lavoro di fantasia, impartire ordini destabilizzanti tesi a un suo cedimento e all'umiliazione totale e alla sudditanza completa di quella persona.
Tutte queste sollecitazioni inoltre, provocano stimoli erotici e un aumento esponenziale dell'eccitazione che può portare il sub a quello stato semi-mistico di estraneazione teorizzato come subspace.
Molto spesso, essendo caratterizzato il mindfucking da un compendio di pratiche molto comuni, ma lavorate ad arte, è possibile che si stia attuando questa pratica in maniera spontanea e non premeditata da parte del Dom.
Qual'è il rischio di tutto questo? Anche se non è una pratica fisica che quindi non lascia segni, e non mette a repentaglio la salute del fisico, a mio parere il Brainfucking rientrerebbe più nel Rack che nel SSC. Agire in maniera così invasiva sulla mente di un individuo può lasciare segni (chissà anche permanenti) sulla sua pische e non è cosa da poco. Per cui chi intende intraprendere un rapporto basato su questa pratica dovrebbe essere cosciente dei rischi a cui va incontro e accettarli (per questo parlo di rack).
Il pericolo maggiore è l'eventuale assenza di equilibrio da parte del Dom, che dovrebbe sapere quando fermarsi allo stesso modo in cui lo farebbe in un eccesso di frusta o caning. La parte debole è appunto lo slave, proprio perchè si agisce sulle sue debolezze, e in tal caso la resa, la spersonalizzazione, scandita dalla sua eccitazione, è dietro l'angolo. Con effetti che possono portarlo ad atti estremi e anche nocivi per la sua pische. Senza contare che trovandosi di fronte a una persona senza scrupoli, è facile una manipolazione mentale violenta finalizzata ai suoi scopi che porterebbe a effetti deleteri per la vita sociale del sottomesso nonché a strascichi sulla sua psiche.
La dominazione mentale però non sempre sfocia in brainfucking. Prendiamo una singola sessione dove uno slave viene portato a compiere atti degradanti. Rimane un episodio isolato e non continuativo e comunque non possiede quella finalità di abbattere le barriere di resistenza della mente e di manipolarla. Quindi il brainfucking ha un fine ultimo:spiazzare, sorprendere, atterrire per prendere il controllo della mente.
Facciamo alcuni esempi che possiamo riscontrare nel quotidiano per chiarire meglio e poi trasportiamo il tutto in ambito bdsm. Il mindfucking è spesso utilizzato in grandi aziende, come call center o sopratutto aziende che hano fini di vendita commerciale attraverso una rete capillare. Dapprima si inizia con lo studio del lavoratore attraverso schede tecniche di valutazione caratteriale. Da un certo risultato si passa al controllo del comportamento della persona inculcandogli nozioni utili ai fini dell'azienda, come per esempio l'importanza del gruppo e lo sminuimento dell'individuo. Molto fa da cornice l'ambiente, per esempio ornato da poster o quadri con scritte come "Il gruppo è importante, la forza è nel gruppo, il singolo non è niente, il gruppo dà forza" ecc. Poi si passa al controllo dello stato emotivo, attraverso un linguaggio ad hoc che tende ad agire sull'emotività del singolo, ora facendolo sentire importante per un singolo atto, ma sempre all'interno del gruppo che è l'obiettivo finale (questo magari nei più deboli), ora agendo in maniera più violenta, con mortificazioni personali davanti al gruppo, per i più resistenti. Vi sono svariati esempi di cronaca di alcune holding in cui la capacità del singolo resistente veniva sminuita e umiliata con atti inumani e da mobbing oltre che di violenza vera e propria: badge strappati e calpestati, mortificazione dell'ego, segregazioni in sgabuzzini (in un caso ci fu un episodio di calpestamento vero e proprio). In alcuni casi si usa la tecnica dello slogan che si fa ripetere ad alta voce a tutto il gruppo allo scopo di creare una "Verità" a beneficio degli appartenenti, con la scusa di creare affiatamento e fiducia, in realtà in quel momento si sta effettuando un lavaggio del cervello. Altri sistemi di mindfucking sono quelli usati dalle sette. Si fa leva su uno stato di smarrimento sociale o spirituale della vittima inculcando una serie di "verità" che lo facciano sentire valorizzato, indicandogli una via verso una pace interiore inesistente, che lo isolino da un realtà che già viveva con diffidenza, e che attraverso un lavoro mentale quella realtà sia definitivamente percepita come un qualcosa che rifiuta la vittima, che lo sminuisce, portandolo invece a una dipendenza del culto della setta che al contrario lo valorizza. Questo avviene anche con la distorsione della realtà, con l'occultamento di informazioni o somministrando informazioni errate o parziali di comodo. In questi casi il cosidetto deprogrammatore (colui che aiuta queste persone ad uscire dalle sette) non fa altro che operare un altro percorso di mindfucking volto a demolire le certezze consolidate e a spostare la dipendenza del soggetto dalla setta a lui. Una volta che la vittima sarà in suo potere avverrà un altro processo, quello di liberazione, ovvero il deprogrammatore libererà il soggetto dalla dipendenza verso la sua persona e da ogni tipo di dipendenza riportandolo alla realtà.
Nel bdsm tutto questo può ben essere applicato, ma diverso è lo stimolo su cui si agisce che è di tipo erotico e sessuale. Un esempio può essere la già citata privazione dei sensi. Si pensi a uno slave immobilizzato, bendato, e isolato acusticamente, non ha più percezione dell'esterno ma sa che è alla mercè del dominante che in qualsiasi istante, ma non si sa quando, può fargli qualcosa, ma non si sa cosa, facendolo cadere in uno status di pressione psicologica ed emotiva. Partendo dallo stesso esempio il Dom può far credere al sub che gli farà qualcosa di terribile, che di fatto non gli farà. Per esempio gli promette che gli spenerà delle sigarette sul corpo (magari sapendo che non è un amante delle bruciature) o che gli procurerà delle scosse elettriche (magari sapendo che ha il terrore della scossa). Anche se di fatto non lo farà, lo scopo è quello di ingenerare terrore nello schiavo inerme, che si attende qualcosa di estremo che magari non gradisce o che magari lo eccita a livello mentale ma ha paura di sopportare, e quindi recargli uno stato di ansia, pressione, paura ma al contempo eccitazione. Dopo un trattamento del genere è plausibile che la mente ne risulti ammorbidita, quando non annientata, e pronta per una manipolazione successiva che rende lo schiavo sempre più arrendevole e succube.
Gli esempi sono davvero molteplici tanti quanto la fantasia umana, per cui uno solo non sarebbe esaustivo e comunque non renderebbe la vastità di questa pratica.
Tutto questo al fine di sviscerare la sua attitudine latente o magari forzarla, inculcandogli un certo comportamento e un certo convincimento, vicino al plagio, finalizzato a un asservimento totale e alla perdita di dignità per diventare quello che vuole la padrona.
E' bene interrogarsi anche sugli effetti legali di tale pratica. Il reato di plagio che era disciplinato dall'art 603 cp e che recitava: " «Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni», è stato abrogato a seguito di dichiarazione di incostituzionalità nell'81. Ragionando in questi termini quindi il brainfucking non è illegale. Anche se ci sono state proposte di legge per la reintroduzione di tale reato.
Potrebbe, e dico potrebbe, concretizzarsi il reato di circonvenzione di incapace. Però è da valutare attentamente in quanto la circonvenzione si concretizza in un'attività di suggestione e di induzione su un soggetto incapace e quindi o un minore o chi versa in uno stato di infermità pischica. Difficile (ma non impossibile) che un tale rapporto così particolare si instauri con tali soggetti. Inoltre il reato viene commesso da chi, “abusando” delle condizioni di inferiorità (incapacità) della vittima, la “induce” a compiere un atto contrario ai suoi interessi economici. Quindi se non c'è un profitto economico dell'agente con depauperamento del soggetto passivo non siamo in presenza di tale reato.
Potrebbero concretizzarsi altri reati, ma questo dipende dagli ordini impartiti, da valutare caso per caso ed è impossibile farne un'analisi a priori.

Benvenuti

Da dove si potrebbe cominciare? Dalla solita spiegazione dell'acronimo BDSM? Quasi scontato direi. E' ormai cosa risaputa, persino wikipedia ne parla. Di forum, siti e blog sul bdsm nel web vi è un numero spropositato e questo probabilmente non aggiungerà nulla di nuovo all'argomento. Mi accingo per cui, senza velleità alcuna, a esprimere, come da titolo, i miei pensieri su alcune tematiche, pratiche ma anche sull'arte, la cultura e qualsiasi altra tematica inerente al bdsm. Con la speranza che il lettore, fisso o occasionale che sia, possa apprezzare e confrontarsi, attraverso i commenti, su questo mondo.
Buona lettura.