venerdì 22 novembre 2013

La Pianista di Michael Haneke




PRODUZIONE: Francia
2001
GENERE: Drammatico
DURATA: 130'
INTERPRETI: Isabelle Huppert, Benoit Magimel, Annie Girardot, Anna Sigalevitch, Udo Samel, Susanne Lotar, Cornelia Kondgen
SCENEGGIATURA e REGIA: Michael Haneke
TRATTO dal romanzo di Elfriede Jelinek
FOTOGRAFIA: Christian Berger
MONTAGGIO: Monika Willi
SCENOGRAFIA: Christoph Kanter
COSTUMI: Annette Beaufays

I film che hanno come tema il bdsm o in cui sono inserite tematiche bdsm mi creano sempre un senso di diffidenza in quanto spesso si riducono al racconto di figure comuni e stereotipate. Non è questo il caso de La Pianista. Cercare di spiegare La Pianista di Michael Haneke non è cosa semplice perchè è un film che si sviluppa su vari piani e che scava nella profondità dell'animo umano e del suo malessere. E' un film che non può essere visto superficialmente ma richiede grande attenzione per poter cogliere le sfumature complesse che animano l'intimo della protagonista e che altrimenti verrebbero falsate da un giudizio che verterebbe solo sull'aspetto narrativo della vicenda. La Pianista non è una storia d'amore (o perlomeno non solo, dato che forse l'amore in realtà è il grande assente della pellicola) nè è un film sul bdsm. Ma è un film sulla sofferenza umana che utilizza il bdsm per descriverla. La protagonista Erika, Isabelle Huppert (musa ispiratrice di Haneke), è una talentuosa insegnante di piano sulla quarantina che vive con una madre possessiva e invadente che le condiziona la vita (le chiede conto delle sue uscite, le telefona durante le lezioni). Erika è una donna frustrata, algida che ha represso le sue emozioni e che allontana da sè qualsiasi forma di rapporto umano. Erika ha un segreto: la sua vita sessuale mai realizzata, la porta a vivere un claderone di fantasie confuse e "perverse" in maniera morbosa. Si chiude nei peep show masturbandosi annusando i fazzoletti sporchi di sperma abbandonati, si improvvisa voyeur nei dirve-in eccitandosi alla vista degli amanti. Tutte queste fantasie si affollano nella sua testa cercando una valvola di sfogo che col tempo ha imparato a individuare: Erika è una sottomessa. Segretamente nella sua stanza cela sotto il letto una cassetta piena di strumenti che, presumibilmente utilizza per i suoi giochi erotici solitari: catene, corde, guinzagli. Il suo probabile fallimento come concertista la porta a sfogare con i suoi alunni la sua insoddisfazione, attraverso mortificazioni e umiliazioni che sminuiscono il loro lavoro. Erika, probabilmente per liberarsi, almeno in quegli spazi in cui è lei che comanda, dell'oppressione della madre a cui sostanzialmente è sottomessa, sfoga il suo sadismo con chi le è sottoposto. Ma è una reazione di riflesso, non è quello che cerca. Erika ama essere umiliata. Lo dimostra persino verso la madre, verso la quale nutre un sentimento morboso, quando una sera le dice, commossa e in un impeto di eccitazione "Mamma ti voglio bene" dopo che la stessa l'aveva mortificata verbalmente. La pianista un giorno conosce un giovane ragazzo, anch'egli pianista per diletto ma con un talento innato. Talento che Erika riconosce ma fatica ad ammettere. Il ragazzo la sedurrà dal primo momento, un colpo di fulmine che lo porta a desiderare da lei una storia d'amore passionale e romantica. Dopo i primi timidi tentativi di Erika di allontanarlo e di trattarlo alla stregua dei suoi alunni la stessa cede perchè vede in lui la figura idealizzata del dominante. Erika non avendo il coraggio di parlargliene, gli scrive una lettera nella quale si mette a nudo, ma in maniera fredda e chirurgica indicandogli asetticamente una lista di pratiche estreme che vorrebbe subire da lui, promettendogli sottomissione e fedlatà incondizionata. Alla lettura, il giovane si dimostra disgustato, le dà della malata, ciò che prima era per lui amore si tramuta in disprezzo. I due si inseguiranno nella speranza di realizzare un rapporto che non potrà vedere la luce per le divergenze profonde dei due.
Forse l'unico sprazzo di amore presente nel film è quello del ragazzo. Quello di Erika è solo un'illusione, un'idealizzazione delle sue fantasie represse, l'autoconvincimento che quella persona le darà ciò che vuole, un attaccamento morboso. Dal suo canto il ragazzo ha una formazione borghese e una concezione del sesso allineata al sentire comune; per lui il feticismo, le percosse, le corde sono solo un depravazione di una mente malata, da respingere con disgusto.
Haneke è un maestro nel raccontare senza giudicare, nel delineare dei complessi profili caratteriali e psicologici in maniera asciutta senza scadere in patetici romanticismi, moralismi e senza prendere parte a una tesi piuttosto che all'altra. Sì La Pianista è un film sulla sofferenza, sulla follia maniacale scaturita dalla repressione dei propri sensi; sul marcio che nasconde la società borghese e il marcio non è il sadomaso ma bensì la morale che ha soffocato e reso invivibile un modo di amare. E' un film in cui i personaggi che si muovono sono vittime e carnefici al contempo, in cui vi è la sconfitta di ogni rapporto umano. E in tutto questo giganteggia la Huppert che traduce nei suoi sguardi freddi ma pieni di rimpianto tutto il peso che si porta dentro.

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