martedì 4 marzo 2014

Domnosis




Negli ultimi tempi sta prendendo piede tra le pratiche bdsm, quella della domnosis. Nata, come spesso accadde, negli Stati Uniti, la domnosis si sta diffondendo anche nei paesi europei e timidamente anche in Italia. Nello specifico la domnosis consta in un'applicazione delle pratiche ipnotiche in un contesto bdsm al fine di far intraprendere al sottomesso un viaggio mentale nei meandri della propria psiche e della propria emozionalità, suscitando delle sollecitazioni tali da rendere, nelle aspettative, più profonda e penetrante l'esperienza bdsm. Ovviamente il corredo di pratiche annesse non è distante da quello di una normale sessione: umiliazioni, torture, moneyslavery (come potrebbe mancare!), ordini di varia natura.
La domnosis trova per lo più applicazione in una dominazione a distanza. Una nuova trovata per ampliare il parco pratiche delle prodommes e incuriosire il cliente in cerca di nuove emozioni; quindi lo scenario più ricorrente è quello della dominazione via webcam ma le più scafate hanno pensato bene di mettere a disposizione file "ipnotici" acquistabili presso i propri siti per avere con sè sempre a portata di mano, la propria Mistress preferita racchiusa in un hard disk. Ecco così video su misura o mp3 con la voce della dominante, con prezzi e durata variabile. Una nuova forma di marketing che probabilmente ha la sua fetta di mercato alla quale le dominatrici di oltreoceano ed europee si stanno adeguando e stanno sperimentando (Princess Angel, Evilena, Mesmerizing Goddess River, Lady Radiance tanto per fare qualche nome). Ovviamente il virtuale non è il solo ed esclusivo campo di applicazione dell'ipnosi ma ben si può adattare e praticare in una sessione reale, cosa che peraltro spesso accade (almeno a giudicare dalle testimonianze di chi si dichiara seguace di tale pratica). Quanto ci sia di ipnosi, quanto di suggestione e quanto di pura ciarlataneria, difficile dirlo e la cosa andrebbe valutata caso per caso.
Ma al di là delle mere supposizioni, ci si chiede quanto sia in realtà applicabile e opportuno abbinare l'ipnosi al bdsm?
Occorre a questo punto fare un passo indietro e spendere due parole sull'ipnosi.
È bene chiarire che l'ipnosi non è una pratica di pura fantasia ma trova reali applicazioni nella realtà essendo ben lontana dalle macchiette da cartone animato o dai poteri dei prestigiatori televisivi che ammaliano chi è di fronte con un semplice "a me gli occhi!". Infatti l'ambito di applicazione più frequente dell'ipnosi è in ambito medico e psicologico.
Tecnicamente l'ipnosi è un vuoto di potere creato a livello del sistema nervoso nel soggetto; su tale vuoto di potere si inserisce la volontà dell’operatore per conseguire gli effetti terapeutici richiesti.
Cenni dell'ipnosi si possono rinvenire nella Bibbia e in Paracelso ("l'anima è la sorgente, l'immaginazione lo strumento, il corpo il materiale plastico") tanto è antica tale pratica ma l'utilizzo noto più vicino alle nostre concezioni, risale al 1843 quando un oculista inglese si accorse che facendo roteare un oggetto luminoso a 20cm dagli occhi di un paziente, quest'ultimo reagiva con dei movimenti delle palpebre riscontrando uno stato simile al sonno.
L'evoluzione dell'ipnosi ha fatto si che essa sia largamente utilizzata in ambito psichiatrico e psicologico. Milton H. Erikson definiva l'ipnosi "un processo mediante il quale aiutiamo le persone a utilizzare le loro associazioni mentali, ricordi e potenzialità vitali per raggiungere il proprio scopo terapeutico. Il terapeuta agisce dunque, sollecitando emozioni, ricordi amplificando qualità e potenzialità del paziente portandolo in uno stato di trance".  Come dice il Dr. Marco Mozzoni (da leggere per approfondire sono i suoi articoli su medicitalia e sul suo sito) "è il paziente stesso a ritrovare esperienze e abilità mentali personali utili a raggiungere fini terapeutici. In questo contesto il terapeuta ha il ruolo di facilitatore dell'esperienza della trance".
Tanto è penetrante il potere dell'ipnosi di incidere sull'inconscio e risolvere problemi di tipo psicologico, quanto è enorme il suo potere di agire sul sistema nervoso al punto tale da influire sulla ricezione del dolore. Basti pensare che sempre più spesso in chirurgia l'ipnosi viene usata sui pazienti che denotano gravi intolleranze e allergie agli anestetici. Se correttamente attuata l'ipnosi ha efficacia al pari di un analgesico tradizionale nel controllo del dolore e in tal modo è stato possibile effettuare numerosi interventi senza che il paziente accusasse il minimo dolore.
A questo punto, avendo chiara la potenzialità di tale pratica è il caso di ritornare alla domanda posta, ovvero l'opportunità di accostare l'ipnosi al bdsm.
Ci si spende spesso a ribadire le regole del Ssc e l'importanza della collaborazione tra Dom e sub circa l'interpretazione delle reazioni dell'altro e della piena coscienza del proprio stato psichico e fisico. Appare evidente che qualora una trance ipnotica andasse a buon fine si altererebbe per non dire azzererebbe la soglia del dolore del sottomesso il quale non avrebbe più contezza e la percezione dei suoi limiti, del suo stato psichico, del dolore, di eventuali difficoltà. Dall'altro lato il dominante non avrebbe più alcuna informazione utile per decifrare le reazioni del sottomesso e il suo effettivo livello di sopportazione. Il pericolo di un tale scenario appare evidente. Non ci sarebbe più alcuna safeword nè sicurezza alcuna. Questo sul piano fisico, cosa certamente importantissima per non ledere l'integrità del bottom. Ma i risvolti potrebbero essere dirompenti anche sul lato psichico. Si potrebbero andare a intaccare delicati ambiti dell'inconscio di un individuo che potrebbero comportare strascichi lesivi dell'integrità psichica. Senza contare il danno che potrebbe derivare da chi userebbe l'ipnosi per amplificare la portata (già di per sè altamente pericolosa) della moneyslavery o persino come arma di ricatto.
La cosa pare infatti non convincere nemmeno i più navigati. Come Fulvio Brumatti, "militante" del bdsm e storico organizzatore di feste a tema: "Per quel che concerne l’aspetto dell’ipnosi, ho l’impressione che non faccia concettualmente parte del mondo SM, e comunque in Italia questo fenomeno non esiste (ancora). Se l’ipnosi serve per convincere una persona a sottoporsi a castighi, umiliazioni e legature, contravviene alla regola del consenso che sta alla base di questo tipo di giochi. Inoltre è noto che una persona ipnotizzata fa ciò che dice l’ipnotista solo se l’azione suggerita non contrasta con i suoi principi morali. Certo si può obiettare che un abile ipnotista potrebbe alterare la realtà percepita dal soggetto e fargli cambiare idea. Così una donna che non si spoglierebbe mai di fronte all’ipnotista, magari acconsente se lui le fa credere di essere in un ambulatorio medico. Insomma, è uno scenario troppo rischioso e difficile da gestire fuori da una sede terapeutica, io parere. Se invece parliamo di ipnosi come di uno strumento utile per effettuare un viaggio mentale, forse è uno stato di coscienza in cui una persona può scoprire meglio i propri limiti e i propri gusti. Mi chiedo però se avrebbe senso che qualcuno mi ipnotizzasse per farmi provare il piacere di un’aragosta mentre poi nella realtà addento un panino al formaggio" (da Corriere della sera).
Insomma, probabilmente una nuova deriva di cui il bdsm, già abbastanza minato da fin troppa gente che attenta alle sue fondamenta, non aveva certo bisogno.

giovedì 13 febbraio 2014

Libri: Peccati Originali di Ayzad e intervista con l'autore




Ayzad non ha bisogno di troppe presentazioni. Il "giornalista, scrittore e divulgatore di sessualità alternative" ha conquistato la propria notorietà nel mondo bdsm grazie ai suoi articoli, i suoi scritti e i suoi libri XXX - Il dizionario del sesso insolito ma sopratutto BDSM - Guida per esploratori dell'erotismo estremo, vero e proprio monumento e summa del sadomasochismo. Ora l'autore della "Bibbia" del bdsm si dedica alla narrativa senza dimenticare la tematica che ha contribuito alla sua fama, che lo appassiona e di cui è realmente esperto e che fa da sfondo alla vicenda. Peccati Originali inizia nel più classico dei modi per un giallo, ovvero una morte su cui indagare. La contessa Baio (la contessa delle lacrime) appartenente all'alta borghesia e assidua praticante di bdsm alquanto estremo, viene trova morta avvinghiata tra corde legate ad arte lasciando pensare a una sorta di suicidio catartico. In tal caso però la compagnia assicurativa non pagherebbe l'indennizzo dovuto dall'assicurazione sulla vita. È così che la figlia Letizia, giovane e rampante ereditiera, decide di vederci chiaro, nella speranza di poter avere quantomeno un risarcimento monetario, più che per amore di verità per la morte di una madre assente. E per fare questo decide di ingaggiare Ayzad, il più noto esponente di bdsm, per far luce sulla vicenda e accertare la veridicità del decesso. L'autore decide quindi che il protagonista sia impersonato da sè stesso, romanzandone ovviamente la figura e connotandola di quelle caratteristiche che ben si sposano con l'impianto noir ma consentendogli così di raccontare in maniera trasparente e quanto più sincera un mondo che anche nella realtà conosce bene. Peccati Originali dunque ha la struttura di un giallo classico che predilige all'azione adrenalinica, all'alta tensione e al dettaglio morboso, la fase di indagine, di dialogo, di caccia al particolare nascosto e risolutivo, dell'intrigo nascosto, del colpo di scena e che vede una rassegna di personaggi che colorano la vicenda, ognuno dei quali in qualche modo dà il contributo per la risoluzione della stessa. Ma vi è di più in Peccati Originali. La trama noir è un modo anche (e forse sopratutto) per raccontare quello che è il mondo bdsm che apparentemente fa da sfondo alla vicenda ma che è in realtà è il protagonista. Ne viene fuori così un quadro completo e senza sconti che cerca di essere quanto più rappresentativo di una molteplicità di modi di essere e di umanità che costella questo ambiente. Così accanto a personaggi divertiti, dalla sessualità appagata, con una forte etica nel praticare bdsm e anche sentimenti amorevoli e passionali (la coppia omosessuale che celebra la cerimonia del collare nel privè di ua festa) vi è anche una rassegna umana di esaltati, psicotici, gente che tradisce il dettato bdsm e del Ssc e altri sopra le righe e pittoreschi. Ayzad a tratti interrompe il narrato per descrivere parallelamente dei quadretti di vita bdsm divertendosi a prendere in giro i protagonisti o raccontarne delle scelte, come la storia di Stefano il master esaltato formatosi “all'accademia” di internet o Lady Myrta giovane Mistress appassionata e interessata a monetizzare la sua passione incontrandosi/scontrandosi con la realtà del prodomming. Accanto a questi ve ne sono altri che danno colore al racconto, come Jazz, il suo informatore, paralizzato su una sedia a rotelle e sfigurato da un incidente o Mistress Lene, personaggio talmente sopra le righe, il cui timore riverenziale viene subito anche dal protagonista. E sullo sfondo di tutto questo il continuo conflitto tra Letizia, l'emblema di una borghesia che ripudia e giudica come perversi i giochi praticati dal suo consulente e lo stesso che tenta di mitigare i suoi convincimenti moralisti. Ma vi è anche per Ayzad il rifugio da questo turbine di eventi ovvero il calore del rapporto con la sua compagna/schiava Cristina descritto quasi con delicatezza e senza mai scendere in dettagli erotici, vuoi per una sorta di rispetto dell'intimità di tale relazione vuoi per dimostrare che un rapporto D/s di coppia nei suoi sentimenti e nella sua quotidianità non è poi così distante da quella di una coppia vanilla.
Ayzad inoltre non perde occasione di inserire nel romanzo, dettagli tecnici su pratiche e modalità di espletamento delle stesse, incastrandoli con gli eventi così da non appesantire la narrazione e illustrando al contempo che il bdsm non è violenza gratuita ma consta di una preparazione che permette di viverlo in sicurezza.
Peccati Originali è dunque un ottimo esempio di come un romanzo possa avvincere il lettore grazie alla sua struttura noir ma allo stesso tempo descrivere  un mondo variegato senza fronzoli e senza incappare nei triti clichè a cui troppo spesso si è stati abituati.

P.s. La nuova versione di Peccati Originali, riveduta e corretta e con l'aggiunta della mini guida Nessuna sfumatura di grigio – Che cos’è davvero il BDSM, nero su bianco la si può trovare a questo link dove è possibile scaricare gratuitamente l'anteprima in pdf e procedere all'acquisto del libro in formato digitale sia in versione epub per ebook reader generici, che mobi per il kindle a soli € 3,99. Un ottimo motivo in più per la lettura. 

Abbiamo inoltre contattato Ayzad, dopo la lettura del libro, per saperne di più del suo romanzo e approfondire alcuni aspetti dello stesso. Ringraziamo l'autore per la sua cortesia e la sua enorme disponibilità nel rispondere a questa breve intervista.


Rainforest: Il romanzo si propone di illustrare il panorama BDSM italiano scegliendo la via della narrativa noir. Come mai questa scelta? Una passione anche per il noir o è un genere che prestava il destro a descrivere bene questo mondo? E come mai la scelta di essere lei stesso il protagonista?

Ayzad: Il genere è stato scelto in base a vari motivi. Il più importante è stato trovare una forma narrativa che risultasse intrigante anche per quei lettori non particolarmente appassionati di BDSM; il noir inoltre è un filone nato apposta per raccontare cosa accada dietro le quinte del mondo “borghese” presentato dai mass media. Infine, quando ho terminato di scrivere il romanzo mi sono accorto del forte sottotesto di critica sociale che ne traspariva benché inserirlo non fosse stato fra i miei obiettivi consci: il fatto che anche questo sia un elemento tipico dei noir mi fa pensare che, a conti fatti, sia stata una scelta quasi obbligata.
Come confesso nella prefazione, anche scegliere il protagonista è stato inevitabile. Perché la storia funzionasse doveva necessariamente avere una serie di caratteristiche in comune con me, e mi sembrava meschino inventarsi qualcuno che mi assomigliasse tanto ma poi avesse un nome diverso. C’è da dire anche che, per fortuna, l’Ayzad-personaggio ha una vita e un carattere di gran lunga peggiori di quelli di Ayzad-scrittore: se facessi davvero quell’esistenza sarebbe davvero tragico!


R: Nel romanzo descrive il mondo bdsm italiano senza indulgenze e in maniera obiettiva. Così oltre gli aspetti positivi vengono in evidenza anche quelli negativi o comunque realistici nella loro crudezza: penso alla presa in giro di Stefano il masterone convinto tanto da risultare una figura patetica; l'ingresso di Lady Myrta nel mondo del prodomming e il cozzare delle sue illusioni con la realtà difficile, sino ad arrivare a figure di veri e propri psicotici come l'internauta fiorentino. Ma penso anche a Jazz o Lene figure al limite, senza dubbio romanzate e grottesche che però vengono descritte con una sorta di bonarietà. Una scelta di sincerità e di parlare di questo mondo senza peli sulla lingua?

A: Per come la vedo io, la sincerità con se stessi e con gli altri è il valore fondante della cultura BDSM. Per questo e per la mia formazione giornalistica mi è sembrato naturale raccontare tanto i lati nobili di questo ambiente quanto quelli meno eleganti ma comunque presenti. Le fantasie idealizzate sono affascinanti, ma credo ci sia ancora più bellezza nel saper apprezzare la realtà delle cose.

R: Nel romanzo coglie l'occasione per descrivere nel dettaglio alcune pratiche e le modalità di eseguirle in sicurezza (penso su tutte alla descrizione dei lubrificanti per la penetrazione e il breve cenno sulle iniezioni saline). È un modo per far capire al lettore inesperto o profano di questo ambiente che il sadomaso non è la macchietta descritta da alcuni film o violenza gratuita ma c'è un'etica e un modo sicuro di praticarlo con esempi concreti?

A: Sì, questi sono alcuni aspetti della cosa. Quella digressione sui lubrificanti, però, è così lunga per altre ragioni. Ciò che ho cercato di trasmettere è, da una parte, la complessità delle competenze tecniche richieste anche per un gesto apparentemente semplice – e dall’altra quanto possa avere aspetti tediosi e alienanti il mestiere di esperto di sesso insolito… proprio come qualsiasi altro lavoro “normale”.

R: La scelta che il protagonista sia impersonato da lei stesso mi fa pensare che inevitabilmente qualche piccolo riferimento alla sua vita reale ci sia. A tale proposito penso al rapporto con la compagna/schiava Cristina. Ho notato che non entra mai nel dettaglio del vostro vissuto bdsm, mai un riferimento a pratiche ma anzi il rapporto appare come un normalissimo rapporto sovrapponibile a quello vanilla. Una scelta di rispetto verso questo rapporto o anche un modo di far capire che una relazione D/s non è scevra da sentimenti o dalla quotidianità comune a tutte le coppie?

A: Una cosa cui tenevo molto era mostrare la realtà di una relazione BDSM cosiddetta 24/7. Tutti la immaginano come una specie di fumetto porno continuo, mentre ovviamente le cose devono essere gestite con modalità compatibili alla vita quotidiana e alle esigenze emotive di veri esseri umani. Come dicevo prima personaggio e autore non sono del tutto sovrapponibili, quindi il non mostrare scene di sesso o gioco BDSM con quel protagonista non è stata questione di pudore, ma semplicemente una scelta dettata dalla constatazione che per leggere quel genere di cose ci sono già tanti altri libri e siti.

Grazie mille ad Ayzad e attendiamo quindi l'annunciato seguito del romanzo, come ogni noir che si rispetti, che si intitolerà Carne Cruda, un nuovo giallo che si addentrerà nei meandri del sadomasochismo patologico.

martedì 28 gennaio 2014

Il dolore nella religione e nel bdsm: delle curiose connessioni



Delle connessioni tra la spiritualità e bdsm se ne è già parlato qui. L'argomento però presta il destro a interessanti sviluppi e a connessioni più specifiche con le religioni.
Nella storia dell'umanità il dolore è stato un argomento cardine e trattato da ogni disciplina sia essa filosofica che religiosa. Sin dall'antichità l'uomo ha capito e si è interessato alla connessione esistente tra il dolore e il piacere ma diversi sono stati gli approcci a tale tematica come diverse le conclusioni delle varie scuole di pensiero.
Sin nell'antica Grecia il rapporto tra dolore e piacere fu oggetto di interesse tra i filosofi; dalla necessaria conoscenza dell'uno per poter aprrezzare l'altro, teorizzata da Eraclito, all'analisi di Socrate che vedeva un'indissolubile connessione tra il dolore e il piacere. Tale pensiero fu ripreso da Platone nel Fedone, riportando un pensiero di Socrate stesso: “Come sembra strana, o amici, questa cosa che gli uomini chiamano piacere; e come meravigliosamente si trova per natura in rapporto con quello che appare il suo contrario: il dolore! Questi contemporaneamente così non vogliono trovarsi insieme nell’uomo, ma d’altra parte, se una persona insegue e prende l’uno, presso a poco è sempre costretta a prendere anche l’altro, come se fossero attaccati ad una stessa cima, pur essendo due. E a me sembra”, disse, “che se Esopo avesse riflettuto su questo, avrebbe inventato una storia, [dicendo] che il dio volendo riconciliare questi in guerra, poiché non ci riusciva, legò fra loro i capi ad uno stesso punto, e per questo motivo, quando ad uno si presenta uno dei due, subito dopo viene dietro anche l’altro. Come appunto sembra [sia successo] anche a me, dopo che nella gamba c’era il dolore a causa della catena, sembra che venga, tenendo dietro, il piacere”. Altri filosofi greci (stoici ed epicurei ad esempio) in seguito torneranno sull'argomento, ponendo per lo più l'accento sul controllo dell'uomo sul dolore al fine di raggiungere il dominio di sé e uno stato di serenità denominato, a seconda delle scuole di pensiero aponia (assenza di dolore nel corpo), atarassia (assenza di turbamenti nell'animo) o apatia (assenza di passioni).
Il dominio del dolore e il raggiungimento dell'elevazione fu il fulcro del pensiero buddhista il quale  individuava come origine del dolore la presenza di passioni e desideri. Quindi il dolore non aveva un'origine divina ma nasceva all'interno dell'uomo e dalla sua ricerca della felicità attraverso ciò che è materiale e transitorio. Solo attraverso la meditazione e il nirvana è possibile abbandonare la vacuità della realtà ed elevarsi raggiungendo il nirhoda ovvero la cessazione del dolore.
Diversamente da molte altre religioni invece l'Islam non contempla il dolore (in arabo âlam) come un sentimento necessario all'elevazione spirituale né all'espiazione. Il dolore per l'Islam è solo un mezzo, ciò che ci avvisa di un pericolo, una malattia, una disfunzione e permette la sua individuazione e cura. Nel Corano il dolore non ha una funzione attraverso la quale raggiungere la redenzione né è stato dato all'umanità per la tribolazione (20ª1-8). La sopportazione dello stesso non serve all'espiazione né costituisce una via per il raggiungimento del Paradiso che invece viene attribuito per i meriti operati sulla terra attraverso le proprie azioni, lo sforzo (Jihad) di dominare e gestire le proprie passioni (45ª28: il giorno ultimo ogni comunità sarà convocata davanti al suo Libro: "Oggi sarete retribuiti per le vostre azioni. Quindi: Non per la vostra religione!"). Solo Dio ha il potere di redimere, non l'uomo attraverso la ricerca e la sopportazione della sofferenza.
Diametralmente opposto è invece il rapporto col dolore nel cristianesimo. Il dolore è indissolubilmente legato alla passione di Cristo, alla sua flagellazione prima e al martirio sulla croce poi. Nel cristianesimo l'accettazione supina del dolore è un ripercorrere il calvario di Cristo, da accettare con “gioia” (come affermato da Papa Francesco nella messa del maggio 2013 nella Casa Santa Marta) e condizione necessaria all'espiazione dei propri peccati per la conquista della redenzione ma anche atto da offrire con amore al Signore. Il concetto di espiazione e di dono della sofferenza si è sicuramente rafforzato dopo la venuta di Cristo ma è bene tener presente che rappresentava comunque un punto cardine già nell'Antico Testamento. Scrive Geremia: “Così mi ha detto il Signore: fatti delle catene e dei gioghi, e mettiteli sul collo” (Ger. 27, 2).
È quest'ultimo uno degli aspetti più interessanti che paradossalmente presenta punti in comune con certi modi di vivere il bdsm. Ciò che caratterizza numerosi rapporti D/s o 24/7 è, oltre l'appartenenza, la dedizione che il sottomesso/a riserva per il dominante caratterizzato da un percorso di evoluzione masochistica finalizzato al continuo superamento dei propri limiti per l'appagamento fisico e mentale del Padrone/a. La sofferenza a cui ci sottopone è quindi una sopportazione per il piacere del dominante che viene vissuta come un dono che si fa al dominante stesso. Ricorre infatti nel gergo bdsm il verbo “donarsi” come atto di abbandono nelle mani di chi esercita il potere sul sottomesso/a, quasi fosse un dono delle proprie sofferenze e prove al fine di creare un'unione tra le due parti in gioco che si completano attraverso il sadismo e il dolore sopportato. Molto spesso infatti si parla di tale unione come qualcosa di catartico e mistico che va ben oltre i canoni consueti dell'erotismo.
D'altro canto simili sono gli strumenti per il raggiungimento di tale finalità: dalle fruste, ai flagelli, ai cilici di corde, alla croce di Sant' Andrea (classica croce a X conosciuta anche come croce decussata utilizzata per il martirio dell'Apostolo e da lui stesso scelta). Tutti strumenti poi mutuati dal Bdsm.
Gli episodi di espiazione ed estasi mistica attraverso il dolore sono svariati e sono una costante del cristianesimo. I Flagellanti ad esempio furono un ordine cattolico dedito all'autoflagellazione pubblica in segno di penitenza, e la medesima tecnica du poi adoperata in seguito da altri ordini religiosi come i camaldolesi, i cluniacensi e i francescani.
Altri esempi di delirio mistico raggiunto attraverso il dolore possiamo rinvenirli in una dichiarazione forte di appartenenza di Santa Maria Alacoque la quale fu avvicinata da Cristo con le parole "lascia che ti usi a mio piacimento perché ogni cosa va fatta a suo tempo. Adesso voglio che tu sia l'oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà senza resistenze da parte tua, in modo che possa godere di te". A fronte di tale passione non risulta difficile pensare con quanto trasporto i beati vivessero il dono dell'espiazione, spesso inseguita e cercata morbosamente. Si legge nell'autobiografia di Santa Guyon "arrivavo a possedere Gesù non nella maniera cosiddetta spirituale, attraverso il pensiero, ma in un modo così tangibile da sentire la partecipazione del corpo nella maniera più reale. Dopo tali peccati per mortificarmi il corpo leccavo gli sputi più schifosi, mettevo sassolini nelle scarpe, mi facevo cavare i denti anche se erano sani". 
Di fronte a tale letture non è difficile cogliere le connessioni con il masochismo tanto che il Dottor Murisier nel suo libro "Malattie del Sentimento Religioso" dimostra come "L'attaccamento dei mistici a Dio, a Gesù Cristo e alla Beata Vergine, sia impregnato di un amore estremamente sensuale".
Oviamente, come si è letto, il conseguimento della propria elevazione spirituale non passa eclusivamente attraverso il dolore fisico ma anche con la mortificazione dello spirito e l'umiliazione. Ad esempio nelle lamentazioni possiamo leggere: “Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché Egli glielo impone. Ponga nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza. Porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni” (Lam. 3,28-30). A ben leggere un'immagine nemmeno troppo lontana da un ipotetico scenario da sessione.
Ma ancora leggiamo in San Paolo in una lettera ai Corinzi: “(...) anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato” (1Co. 9,27).
Al di là di ogni stretta connessione tra il dolore e la religione, vi è chi ha teorizzato l'utilizzo del sofferenza non tanto per glorificare una divinità in particolare ma sicuramente come percorso mistico. Si tratta di Fakir Musafar un americano che ha mutuato il suo nome da un fachiro indiano vissuto nel XIX secolo che ha mortificato il suo corpo per 18 anni attarverso l'inserimento nel proprio corpo di lame e lance al fine di sondare i limiti del proprio corpo e della sua psiche.
Fakir divenne il capo spirituale del movimento dei Modern Primitives, la cui finalità era quella di esplorare il proprio corpo attraverso modificazioni corporali e mutilazioni riprese dalle ritualistiche delle popolazioni primitive con lo scopo di provare il dolore sulla propria pelle per evocare un'estasi mistica.  Per Fakir il nostro corpo è una creazione della natura che se lasciato nello stato originario cessa di essere una nostra proprietà e quindi solo attraverso il dolore e la manipolazione ci si può riappropriare di esso. Il pensiero di Musafar può essere riassunto nelle sue parole: "alle culture moderne sembra mancare un’intera parte di vita. Dilaga l’alienazione e la gente ha perso il contatto con le cose e con se stessa. Serve un rimedio, e il principio base può essere sintetizzato così: gioca con il tuo corpo e fanne ciò che vuoi. A mio avviso la gente ha un disperato bisogno di questi riti, ecco perché rinascono il piercing e il tatuaggio. In un modo o nell’altro, c’è bisogno di una cultura tribale". Ma la parte interessante è proprio quella che riguarda il raggiungimento dell'estasi proprio attraverso la manipolazione e il dolore. Fakir fu infatti uno dei primi teorizzatori del “subspace”, tema tanto caro nell'ambiente bdsm, ovvero una sorta di trance mistica raggiungibile attraverso il dolore e la mortificazione e pari per intensità a un'esperienza sciamanica.
Tale ritualistica è ancora oggi diffusa attraverso l'operato di alcuni gruppi, che hanno assunto la denominazione di "chiese" che continuano a operare modificazioni, sospensioni applicate direttamente sulla carne, prove di dolore e riti iniziatici per liberare il proprio corpo dagli orpelli terrenni e il raggiungimento di stati estatici attraverso la sofferenza (vedere a tale proposito Taboo su National Geographics che ha ripreso da vicino una di queste chiese statunitensi).